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Sessione 8 - Politiche migratorie e welfare state: quali scenari per le società post-pandemiche?

Coordinatori/coordinatrici di sessione: Raffaele Bazurli, Francesca Campomori (Università Ca’ Foscari di Venezia)

Descrizione

La governance dell’immigrazione e le politiche sociali sono legate da un rapporto complesso e ambivalente. Il welfare state ha infatti un ruolo cruciale nel supportare i percorsi d’integrazione dei migranti e dei loro discendenti nelle società di arrivo, ad esempio rispondendo ai loro variegati bisogni e fornendo loro prospettive di emancipazione attraverso servizi educativi, sanitari, abitativi e di accesso al mercato del lavoro. Tuttavia, in tempi in cui i sentimenti e i discorsi anti-immigrazione diventano pervasivi, il welfare state assomiglia sempre meno a uno strumento per consentire l’inclusione, poiché all’inclusione stessa vengono imposte condizioni sempre maggiori.
Le politiche sociali sono infatti subordinate a quelle migratorie: differenti status migratori implicano differenti gradi di accesso ai servizi – dando luogo, in ultima istanza, a una stratificazione dei diritti sociali dei migranti. Alcuni studiosi ricorrono al concetto di internal bordering proprio per descrivere come i migranti facciano esperienza dei confini non soltanto nel (tentativo di) varcare le frontiere geografiche di un Paese, ma anche all’interno del suo stesso territorio, nelle loro interazioni quotidiane.
Queste “gerarchie” di cittadinanza sociale, tuttavia, non si manifestano in modo omogeneo all’interno di una certa giurisdizione nazionale. I governi regionali e locali hanno il potere di allargare o stringere le maglie dell’accesso ai servizi, talvolta sperimentando formule innovative o entrando in conflitto con le controparti nazionali. Gli street level bureaucrats dispongono di margini variabili di discrezionalità nel consentire o impedire l’effettivo godimento dei diritti. La società civile, nelle sue molteplici declinazioni, può mobilitarsi affinché i diritti dei migranti siano espansi o ristretti, attraverso la protesta o l’azione sociale diretta.
Queste dinamiche sono più che mai visibili in Italia. A partire dai primi anni 2000, il governo nazionale incarica le Regioni della spesa sociale, senza però vincolarle ad obiettivi d’integrazione dei migranti. Con la cosiddetta “crisi dei rifugiati” degli anni 2010, si è assistito a un crescendo della politica anti-immigrazione e al perdurare di un approccio emergenziale all’immigrazione: solo ristrette categorie di migranti forzati ha avuto accesso a servizi sociali di alta qualità, mentre la maggior parte ha potuto beneficiare di servizi insufficienti, se non assenti. Gli anni 2020 si sono aperti con una crisi pandemica che ha ulteriormente inasprito la stratificazione dei diritti della popolazione straniera.
Questa sessione intende raccogliere contributi scientifici di varia natura – teorici o empirici, qualitativi o quantitativi, comparativi o su singoli casi studio – per mettere in luce il nesso fra politiche migratorie e welfare state, tentando di delineare possibili scenari per le società di transito o di arrivo dopo la pandemia da COVID-19.

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